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Il crollo del mercato obbligazionario segna forse la fine del portafoglio 60/40?

one year ago

Seamus Lyons, Senior Investment Manager

Pierre-Jean Marcon,
Senior Portfolio Manager, Architas

Il crollo del mercato obbligazionario segna forse la fine del portafoglio 60/40?

Un anno sinora infausto...

È stato un anno terribile che quasi tutti gli investitori vorrebbero dimenticare. L’invasione russa ai danni dell’Ucraina ha scosso i mercati, facendo esplodere una crisi energetica e innescando una spirale inflazionistica che ha dominato i titoli dei giornali e i mercati. Di conseguenza, il 2022 è stato caratterizzato da ribassi su vasta scala in tutte le classi di attivi e in tutti i Paesi, oltre che dalla perdita di fiducia negli investitori.

I mercati hanno vissuto la peggiore ondata di vendite degli ultimi decenni, e non se ne intravede la fine poiché le banche centrali sono occupate a stroncare spinte inflazionistiche come non si vedevano da 40 anni. Le turbolenze hanno provocato anche una pesante correzione dei listini azionari. Gli aggressivi rialzi dei tassi di interesse, deliberati dalla US Federal Reserve (Fed) nell’intento di comprimere l’inflazione ai massimi pluridecennali, sono stati uno dei maggiori elementi di forza del biglietto verde e hanno innescato una carenza di dollari USA in tutto il mondo. Il Giappone, terza economia mondiale, è intervenuto in difesa dello yen dopo che la sua divisa è repentinamente crollata ai minimi di 24 anni rispetto a quella statunitense. Pochi giorni dopo, i timori per la nuova politica economica del Regno Unito hanno aggravato la già marcata volatilità, innescando una correzione storica sui mercati britannici dei cambi e dei titoli di stato, con ripercussioni persino sui Treasury USA considerati beni rifugio e sui Bund tedeschi con il massimo rating.

I tassi più alti non lasciano scampo

Questi eventi globali si sono sommati a un forte calo del mercato dei Treasury USA, accentuatosi dopo che la Fed ha effettuato il terzo aumento consecutivo dei tassi (0,75%) e dichiarato l’intenzione di avviare una decisa stretta monetaria. Il rialzo è stato particolarmente rapido e brusco rispetto agli schemi abituali.  Il forte aumento dei rendimenti ha causato una performance fortemente negativa da inizio anno (al 30 settembre): un indice di Treasury USA comprensivo di tutte le scadenze ha sfiorato il -14%. Di conseguenza, l’indice dei titoli di Stato europei di tutte le scadenze ha ceduto oltre il 17%. Questa performance negativa è particolarmente sorprendente, perché di entità pari a quella concomitante dei listini azionari. Per un portafoglio bilanciato, pertanto, ciò ha comportato l’impossibilità di scampare al disastro attraverso la decorrelazione o la riduzione del rischio.

Timori di recessione

Il mercato delle emissioni governative USA sta lanciando forti segnali di imminente recessione, in quanto i principali segmenti della curva dei rendimenti dei Treasury USA segnano un’inversione a livelli che non si vedevano dall’inizio degli anni Ottanta. Si prevede che i rendimenti delle obbligazioni a più breve scadenza continueranno a correre più velocemente di quelli a lunga scadenza. A fine settembre il rendimento del Treasury a 10 anni, un parametro di riferimento fondamentale per i costi di finanziamento globali, è arrivato a sfiorare il 4%, rispetto all’1,51% di inizio anno. Il rendimento del Treasury a 2 anni, più sensibile alle fluttuazioni della politica monetaria statunitense, ha registrato un aumento storico, superando il rendimento del decennale e portandosi nello stesso periodo sopra il 4,2% dallo 0,73% iniziale. Questa inversione, ossia il rendimento delle obbligazioni a scadenza più ravvicinata superiore  a quello dei titoli a scadenza più lunga, è spesso considerata dai mercati come un segnale di recessione imminente.

Il malconcio portafoglio 60/40

Il portafoglio 60/40, composto per il 60% da azioni e per il 40% da obbligazioni, è spesso preso a modello in tema di diversificazione degli investimenti. L’idea è che quando le azioni (il motore di crescita di un portafoglio) hanno un andamento negativo, le obbligazioni fungono da contrappeso poiché spesso non seguono la stessa direzione. Quest’anno, invece, con estremo disappunto degli investitori, le obbligazioni non hanno saputo proteggere dai ribassi del mercato azionario. In particolare, è accaduto nel terzo trimestre, quando - evento raro - il portafoglio 60/40 ha registrato perdite maggiori di quelle patite da un portafoglio prevalentemente costituito da azioni. Il dato forse più eloquente viene dal portafoglio 60/40 di azioni e obbligazioni statunitensi, che segna oggi un calo del 20% (il secondo peggior risultato mai segnato) e potrebbe cedere altro terreno. Solo il 1931, durante la Grande Depressione, fu peggiore. Aggiungendo poi l’aumento dei prezzi, il quadro si fa ancora più tetro. Considerando l’inflazione statunitense superiore all’8%, il 2022 diventa l’anno peggiore in assoluto, e di gran lunga, in termini reali.

Architas view

Il nostro punto di vista

I rischi globali non mancano, ma la lotta all’inflazione resta il fattore chiave per un rimbalzo sostenibile dei mercati azionari e obbligazionari. Il chiaro impegno delle banche centrali a combattere l’inflazione attraverso una politica monetaria più stringente, anche a prezzo di una recessione, dovrebbe a nostro avviso calmierare le curve dei rendimenti nei prossimi mesi. E se i responsabili politici riusciranno a contenere l’inflazione con un rallentamento dell’economia, le obbligazioni dovrebbero riguadagnare appeal. 

Da una parte, il cuscinetto di rendimento protegge ora l’investitore da rendimenti totali negativi in misura nettamente superiore rispetto all’inizio dell’anno, grazie a una remunerazione che per le obbligazioni corporate arriva ormai a raggiungere un tasso del 5-10%. D’altra parte, il raffreddamento dell’economia dovrebbe far scendere i tassi, consentendo di maturare una plusvalenza di capitale. Ciò migliora notevolmente le prospettive delle obbligazioni per il 2023, anche se i tassi d’interesse continuassero a salire rapidamente come negli ultimi nove mesi.

Il cambiamento registrato da azioni e obbligazioni ha natura durevole e strutturale? Riteniamo che le azioni e le obbligazioni dovrebbero tornare a de-correlarsi con la normalizzazione dell’inflazione, rendendo più appetibile il portafoglio 60/40. La domanda che ci si pone ora è quando la Fed invertirà la rotta, assumendo un approccio più accomodante e ricominciando a tagliare i tassi, ma forse è solo un’illusione.

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